La risposta

Zaparozhye Cossacks Writing a Mocking Letter to the Turkish Sultan *oil on canvas *358 × 203 cm *signed b.c.: И.Репин 1880-91

Nell’estate del 2019 ho avuto la fortuna di compiere, con la mia compagna e mio figlio, un bellissimo viaggio, il cui valore, in questi giorni, mi sembra ancora più grande.

Prendemmo un treno notturno da Helsinki a Mosca, il Tolstoi, e dopo pochi minuti ci sentivamo già in Russia. Il personale di bordo non parlava inglese e tutta l’atmosfera, l’arredamento delle cabine, il chay caldo che l’addetta alla nostra carrozza ci portò, la sua divisa, le modalità del controllo doganale al confine tra Finlandia e Russia, il coltellino che l’addetta mi vendette la mattina seguente, ci proiettavano già in un altro mondo, un mondo differente, anche se non capivo perché.

Anche nei giorni seguenti, tra Mosca e San Pietroburgo, si confermò la stessa sensazione: mi sembrava davvero un altro mondo, a tratti molto simile al mio, ma comunque altro, e appena cedevo all’illusione della sostanziale continuità tra i due, qualcosa, un dettaglio, un particolare, mi riportava alla realtà.

Nell’amarezza della guerra in corso, i ricordi di quei giorni, da momenti belli, vivi, legati a luoghi che negli ultimi due anni e mezzo ho sentito anche un po’ miei, si stanno cristallizzando, allontanandosi nel tempo e nello spazio, e questo mi mette molta tristezza. Sento la bellezza, l’arte, la musica, il cibo russi che si allontanano, e vorrei non fosse vero.

Ilya Repin, autoritratto, 1887

Uno dei momenti più intensi fu la visita alla Galleria Tretyakov, che in quel periodo ospitava la collezione quasi integrale delle opere di Ilya Repin . Ci immergemmo nel museo, fluttuando tra le settanta e più opere esposte, alcune di piccole dimensioni, altre immense. L’uso dei cellulari e delle macchine fotografiche era vietato, e questo contribuì al godimento estetico più totale.

Ascoltando la cronaca di questi giorni di guerra e osservando la reazione rabbiosa degli Ucraini all’ultimatum di Putin, mi torna in mente uno dei dipinti in particolare, uno dei più famosi, “Запорожцы” (I cosacchi scrivono una lettera beffarda al Sultano Turco), 1890-91.

Repin raffigura la leggenda secondo la quale i cosacchi risposero in modo beffardo all’ultimatum del Sultano Mehmed IV, che intimava loro di sottomettersi al suo impero, nonostante le truppe turche avessero da poco perso in battaglia contro gli stessi cosacchi, durante la guerra turco-russa del 1676.

Questa la lettera del Sultano ai cosacchi:

In quanto sultano; figlio di Maometto; fratello del Sole e della Luna; nipote e viceré per grazia di Dio; governatore del regno di Macedonia, Babilonia, Gerusalemme, Alto e Basso Egitto; imperatore degli imperatori; sovrano dei sovrani; cavaliere straordinario e imbattuto; fedele guardiano della tomba di Gesù Cristo; fido prescelto da Dio stesso; speranza e conforto dei Musulmani; grande difensore dei cristiani — Io comando a voi, cosacchi dello Zaporož’e, di sottomettervi a me volontariamente e senza resistenza alcuna, e cessare di tediarmi con i vostri attacchi.

Il territorio dei cosacchi era l’Ucraina meridionale, le pianure attraversate dal fiume Dnepr.

Questa la risposta dei cosacchi al Sultano:

I cosacchi dello Zaporož’e al sultano turco

Tu, diavolo turco, maledetto compare e fratello del demonio, servitore di Lucifero stesso. Quale straordinario cavaliere sei, tu che non riesci ad uccidere un riccio col tuo culo nudo? Il diavolo caca e il tuo esercito ingrassa. Non avrai, figlio d’una cagna, dei cristiani sotto di te, non temiamo il tuo esercito e per terra e per mare continueremo a darti battaglia, sia maledetta tua madre.

Tu cuoco di Babilonia, carrettiere di Macedonia, birraio di Gerusalemme, fottitore di capre di Alessandria, porcaro di Alto e Basso Egitto, maiale d’Armenia, ladro infame della Podolia, “amato” tartaro, boia di Kam”janec’-Podil’s’kyj, idiota del mondo e dell’altro mondo, nipote del Serpente e piaga nel nostro cazzo. Muso di porco, deretano di giumenta, cane di un macellaio, fronte non battezzata, scopati tua madre!

Ecco come gli Zaporozi ti hanno risposto, essere infimo: non comanderai neanche i maiali di un cristiano. Così concludiamo, visto che non conosciamo la data e non possediamo calendario, il mese è in cielo, l’anno sta scritto sui libri e il giorno è lo stesso da noi come da voi. Puoi baciarci il culo!