“Al di là dell’uscio” di Antonio Potenza

Blogorilla Sapiens

Ogni mattina si alza alle cinque, quando nel buio della casa si espande la fievole luce della cucina. Di spalle sembra un orso. Aspetta che la caffettiera fischi, poi va a bere il caffè sul cesso. Quando gli altri si svegliano non è già più a casa. Loro lo sanno. Anche adesso che non lavora reitera il suo rituale, ma è diverso: caffè, alba, cesso, diversi surrogati.
In verità, dovrebbe smetterla di farlo. Sarebbe più salutare dormire qualche ora in più, evitare gli sforzi e le stanchezze, anche i posti ventosi. O almeno così ha detto il dottore. Ma fuori, oltre l’uscio di casa, c’è la vita che scorre ancora frizzante. Alle sette del mattino sul litorale si possono vedere i pescatori sulla scogliera. Compra sempre tre paste alla crema mentre li saluta. Una volta tornato a casa dagli altri fa una seconda caffettiera giusto in tempo per il loro…

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e poi il venti luglio

Helsinki, casa museo di Gallen-Kallela, foto marco tosi

Una ventina di giorni fa camminavo con mio figlio, eravamo in vacanza. Lui a un certo punto mi dice una cosa che da quel giorno mi ronza in testa. Premetto che ha diciassette anni, è cioè in quel momento in cui l’uomo ha accumulato un certo livello di nozioni e conoscenze, ma non è ancora giunto a quella fase in cui proverà a metterle a frutto, concretamente. Da quel momento in poi il tempo per riflettere in astratto diminuirà e inizierà una fase nuova, quella della vita di relazione, quando la società ti chiede di rivestire un ruolo, studente, lavoratore, ecc. Con il suo realismo, le sue soddisfazioni e delusioni. 

Ma ora è in un momento creativo, fertilissimo e bellissimo, nel quale fa quello che i filosofi continuano a fare per tutta la vita: riflettere sulla Vita, non la sua, ma quella di tutti, di chi c’era prima e di chi verrà dopo, il suo senso, la sua assenza di senso. 

“Sai, stavo pensando… tu dici ho cinquantotto anni, io dico ne ho diciassette. Ma se invece dici “questo è il diciassettesimo 18 luglio che vivo, beh, fa un altro effetto…. cioè io oggi vivo il diciassettesimo 18 luglio della mia vita. Tu il tuo cinquantottesimo 18 luglio”. 

Rimango in silenzio. Certo, fa un altro effetto. Cosa ho fatto negli ultimi 18 luglio? Il 18 luglio di quando avevo otto anni, ero certamente in vacanza dagli zii in Puglia con la mia famiglia; il 18 luglio di quando avevo la sua età, ero in giro per l’Italia in autostop, immagino. L’astrattezza di un concetto come cinquantotto anni evapora, sostituito dalla concretezza di poter dire: “domani mi sveglio e vivo il mio cinquantottesimo 19 luglio”. Non è un’idea astratta, è un fatto. Sarà il 19 luglio 2021, e sarà irripetibile, unico. Quante volte ho letto quei motti retorici, “vivi ogni giorno come fosse l’ultimo”, “vivi l’oggi come un dono, per questo si chiama presente”, ecc. D’accordo, me li ricordo, ma mi hanno sempre irritato, roba da fogliettini dei baci perugina. Questa visione mi sembra diversa, maledettamente concreta. 

“Hai proprio ragione, fa un altro effetto” – gli sorrido – “sei un filosofo, lo sai?

Sorride. Continuiamo a camminare e a parlare.